“Un’altra grave ferita che alcuni bambini sono costretti a vivere nel corso della loro vita è quella che viene definita “reincarnazione”. Essi vengono anche detti figli sostitutivi. Sono bambini che vengono concepiti dopo la morte di un fratello che è deceduto subito dopo la nascita, nei primi anni di vita o, evento piuttosto frequente oggi, in seguito ad incidente stradale.
A questi bimbi viene dato il nome del fratello morto ed essi si sentono dei sostituti, nati non perché desiderati, ma perché i loro genitori avevano la necessità di un figlio che sostituisse quello deceduto. Non possono rivaleggiare con i fratelli morti perché, non essendo questi più in vita, tendono ad idealizzarli, come fanno anche i genitori quando li ricordano. Con la loro morte essi sono pertanto divenuti da un punto di vista psicologico degli esseri talmente perfetti da essere irraggiungibili. Il tema della morte dei fratelli si trasforma quindi in un elemento di sofferenza e di confronto per tutta la loro vita, condizionando in tal modo lo sviluppo psichico ed il senso di identità.
Un esempio orami conosciuto anche nella letteratura scientifica è quello del pittore Van Gogh. Egli era nato esattamente un anno dopo la morte del fratello Vincent, proprio nello stesso giorno. Da bambino andava al cimitero tutti i giorni per visitare la tomba del fratello, come se non riuscisse a staccarsi da quell’evento estremamente doloroso […]. Recalcati (2009) scrive che l’esistenza del secondo Vincent non fu ritenuta dalla madre un valore in sé, ma fu una sostituzione del figlio perduto. Ella, pur curandolo amorevolmente, aveva negato implicitamente al figlio di vivere un’esistenza sua propria e ciò avrebbe dato vita al profondo stato di sofferenza psichica che ha caratterizzato l’esistenza di questo pittore […]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)