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Dall’empatia alla compassione

    “[…] L’empatia è la capacità di sentire le emozioni dell’altro (il cosentire), il sentire dentro a me stesso (em-pathos) ciò che sente l’altro . Sentire il piacere, ma anche il dolore dell’altro, ed entrare in empatia con la sofferenza altrui ci permette anche di prendere consapevolezza del fatto che siamo tutti “sulla stessa barca”.
    Ma esistono dei limiti all’empatia: posso entrare in empatia con l’altro e con la sua esperienza, piacevole o dolorosa che sia, solo se precedentemente anche io ho fatto un’esperienza simile, avendo già provato nel corpo ed emotivamente ciò che adesso sta provando l’altro.
    Altro limite è che il consentire non sarà mai totale. Io non potrò mai sentire o vivere un’esperienza, qualsiasi essa sia, come l’altro, perché ogni esperienza è vissuta in maniera individuale ed unica da ogni singola persona.
    L’empatia è quindi un tentativo evolutivo dell’uomo per superare il muro invalicabile della soggettività: ho l’accesso al mio mondo interiore, ma non l’ho, pienamente, a quello dell’altro. […]
    L’empatia può avere, paradossalmente, anche una base egoica: l’attivazione dell’esperienza altrui, e la mia sensibilità, mi conducono dentro me stesso (prendo il punto di vista e il vissuto dell’altro, e lo riporto a me stesso, lo elaboro secondo il mio vissuto, secondo le mie precedenti esperienze), penso, sulla base di un modello mio interno, cosa l’altro stia provando e posso procedere anche tramite proiezioni (immaginare come stia l’altro).
    L’empatia da sola non garantisce sempre una risposta saggia. Si pensi ad uno stato di panico vissuto da una moltitudine di persone (più persone sentono, cosentono uno stato di paura, terrore – contagio empatico – ). […].
    Lo stato empatico tra due persone si conclude quando una delle due non è più “dentro se stessa” (non è più in contatto con il sentire se stesso e il consentire l’emotività dell’altro), o, non essendo, più, “dentro se stessa”, sceglie di assumere la posizione di “terza persona (l’esperto), prevedendo un’azione di intervento (saggia e competente) di aiuto dell’altro. Scatta così la compassione, il desiderio di intervenire per aiutare l’altro che soffre.
    L’empatia è fondamentale per far scattare la compassione. […] La compassione non richiede necessariamente un gesto esterno o una vicinanza fisica, è un sentire genuino orientato verso il benessere dell’altro. […]”
    (Tratto dal Laboratorio esperienziale “Dall’empatia alla compassione” del 16 marzo 2019, condotto da Roberto Di Ferdinando)