“[…] L’impatto del comportamento dei genitori sulla competenza dei figli nella sfera emotiva comincia dalla culla. T. Berry Brazelton, l’insigne pediatra di Harvard, si serve di un semplice test diagnostico per valutare l’atteggiamento di un bambino nei confronti della vita. Egli offre due pezzi di un gioco di costruzioni a una bambina di diciotto mesi e poi le mostra come vuole che vengano assemblati. Secondo Brazelton, una bambina con un atteggiamento pieno di speranza verso la vita, che ha fiducia nelle proprie capacità, “prenderà uno dei pezzi, se lo metterà in bocca, lo strofinerà sui capelli, lo lascerà cadere sul lato del tavolo, stando a vedere se glielo raccogliete. Se lo fate, completerà il compito richiestole – metterà insieme i due pezzi. Poi vi guarderà con occhi luminosi pieni di aspettativa, come se dicesse: “Dimmi quanto sono stata brava!””.
Nella loro vita, bambini come questa hanno avuto una buona dose di approvazione e incoraggiamento da parte degli adulti, e si aspettano di riuscire nelle piccole imprese in cui si imbattono. Al contrario, bambini che provengono da famiglie troppo tetre, caotiche o trascurate affronteranno lo stesso piccolo compito in un modo che rivela all’osservatore la loro aspettativa di fallimento. Non è che questi bambini non riescano a mettere insieme i due pezzi del gioco di costruzioni; essi comprendono benissimo le istruzioni e hanno la coordinazione necessaria per attenervisi. Ma anche quando lo fanno, racconta Brazelton, hanno un’aria da “cane bastonato”, un aspetto che pare dire: “Non sono bravo. Vedi, non ci riesco”. E’ probabile che questi bambini affrontino la vita con una prospettiva disfattista, senza aspettarsi alcun incoraggiamento o interesse da parte degli insegnanti; per loro la scuola sarà un luogo senza gioia, e forse finiranno per abbandonarla.
La differenza fra le due prospettive – quella dei bambini fiduciosi e ottimisti e quella dei loro coetanei che si aspettano di fallire – comincia a prendere forma nei primissimi anni di vita.
Brazelton sostiene che i genitori “devono comprendere come le loro azioni possano contribuire a generare fiducia, curiosità, piacere nell’apprendimento e nella comprensione dei limiti” – tutte cose che aiutano i bambini a riuscire nella vita. Il suo consiglio si basa su dati, sempre più numerosi, che dimostrano come il successo scolastico dipenda in misura sorprendente dalle caratteristiche emotive formatesi negli anni precedenti all’ingresso del bambino nella scuola. […] La prima opportunità di dar forma ai germi dell’intelligenza emotiva si presenta nei primissimi anni di vita, sebbene tali capacità continuino a formarsi anche negli anni della scuola. Le capacità che i bambini acquisiscono più tardi, nella vita, vanno ad aggiungersi a quelle apprese nella prima infanzia. E queste abilità costituiscono una base essenziale per tutto l’apprendimento. Un rapporto del National Center for Clinical Infant Programs afferma che spie efficaci del successo scolastico non sono il patrimonio nozionistico o l’abilità precoce nella lettura, quanto piuttosto la misura di capacità emotive e sociali – essere sicuri di sé e interessati; sapere quale tipo di
comportamento ci si aspetta da noi e come trattenersi dall’impulso di comportarsi male; essere capaci di aspettare, di seguire istruzioni e di rivolgersi agli insegnanti per chiedere aiuto; ed esprimere le proprie esigenze pur andando d’accordo con altri bambini.
Quasi tutti gli studenti che vanno male a scuola, afferma il rapporto, mancano in uno o più di questi elementi dell’intelligenza emotiva (indipendentemente dal fatto che abbiano anche difficoltà cognitive quali, ad esempio, un’incapacità di apprendimento). Le dimensioni del problema non sono di poco conto; in alcuni stati, quasi un bambino su cinque deve ripetere la prima elementare, e con il passare degli anni resta sempre più indietro rispetto ai suoi coetanei, accumulando un senso di scoraggiamento, risentimento e disorganizzazione.
Il fatto che un bambino sia più o meno pronto per la scuola dipende dalla più fondamentale di tutte le conoscenze, ossia quella di come imparare. Il rapporto elenca i sette ingredienti fondamentali di questa capacità importantissima – tutti collegati all’intelligenza emotiva.
1. “Fiducia”. Un senso di controllo e padronanza sul proprio corpo, sul proprio comportamento e sul proprio mondo; la sensazione, da parte del bambino, di avere maggiori probabilità di riuscire in ciò che intraprende di quante non ne abbia invece di fallire, e che comunque gli adulti lo aiuteranno.
2. “Curiosità”. La sensazione che la scoperta sia un’attività positiva e fonte di piacere.
3. “Intenzionalità”. Il desiderio e la capacità di essere influenti e perseveranti. Questa capacità è collegata al senso di competenza, alla sensazione di essere efficaci.
4. “Autocontrollo”. La capacità di modulare e di controllare le proprie azioni in modo appropriato all’età; un senso di controllo interiore.
5. “Connessione”. La capacità di impegnarsi con gli altri, basata sulla sensazione di essere compresi e di comprendere gli altri.
6. “Capacità di comunicare”. Il desiderio e la capacità di scambiare verbalmente idee, sentimenti e concetti con gli altri. Questa abilità è legata a una sensazione di fiducia negli altri e di piacere nell’impegnarsi con loro, adulti compresi.
7. “Capacità di cooperare”. L’abilità di equilibrare le proprie esigenze con quelle degli altri in un’attività di gruppo.
Il fatto che un bambino arrivi al suo primo giorno di scuola con queste capacità dipende moltissimo dal fatto che i suoi genitori gli abbiano dato o meno quel tipo di attenzioni che
equivalgono a un “Heart Start” – l’equivalente, nella sfera emotiva, dei programmi “Head Start”.
(Daniel Goleman – Intelligenza emotiva)