“[…] Vi sarete certamente accorti che, nelle statue che lo raffigurano, Buddha tiene sempre le mani in un modo molto particolare. Quando si medita in zazen, si assume una certa posizione delle mani. Perché, nella meditazione, nella meditazione, si deve assumere una particolare postura e posizione delle mani? […] Potrete allora comprendere che la forma e la posizione particolare delle mani hanno un ruolo pratico, e non simbolico. Ogni dito ha un’energia, ki, particolare, e la sua estremità funziona come un’antenna che si apre verso l’esterno.
Per la mano destra, l’estremità dell’indice corrisponde al nord magnetico ed è yang, punto di uscita del ki; quella del medio corrisponde al sud ed è yin, punto d’ingresso del ki; l’anulare è come l’indice, il mignolo come il medio. Per la mano sinistra è l’opposto della mano destra. Il pollice ha un carattere doppio o neutro.
Dunque, se formate un anello con l’indice e il pollice della mano destra, il ki circola dall’indice verso il pollice; se lo formate con il medio e il pollice, il ki circola dal pollice verso il medio. Con la mano sinistra la situazione si inverte.
Unire le mani con le dita e le palme piatte equivale a unire il Nord e il Sud, lo yang e lo yin, a collegare i meridiani delle mani. La corrente del ki nel corpo, allora, raggiunge un equilibrio. […]”
(Kenji Tokitsu, La ricerca del ki)