“La maggior parte dei nostri problemi, in quanto esseri umani, deriva proprio dall’attaccamento nel suo duplice aspetto: afferrare e tenere ciò che ci piace e respinge e ciò che non ci piace. L’attaccamento è dunque come un Giano bifronte, costituito sia dal desiderio di tenere sia dal desiderio di respingere. E, alla base di questi desideri, c’è sempre quella che nel Dharma è la causa principale della sofferenza: l’ignoranza, il cui significato non è quello di non sapere tutto ciò che c’è da sapere, ma, piuttosto, l’incapacità di vedere chiaramente.
Il significato della parola vipassana è vedere chiaramente le cose così come sono, che include il vedere chiaramente il processo dell’identificazione. Per esempio, grazie alla pratica, vediamo quanto spesso consideriamo la rabbia come me, come la mia rabbia, piuttosto che riconoscerla come un’emozione che è apparsa e che, come tutte le cose, sorge, ha la sua durata e poi finisce. E, allo stesso modo, consideriamo il desiderio come il mio desiderio, come qualcosa a cui afferrarsi e con il quale identificarsi, piuttosto che come un’emozione che, anch’essa, sorge e svanisce. Quando non vediamo chiaramente la natura di ogni pensiero, di ogni emozione, noi diventiamo quel pensiero e quella emozione, e agiamo mossi dall’identificazione. L’aspirazione più profonda, anche se spesso non ancora ben manifesta, la motivazione che ci conduce ad intraprendere un cammino interiore, è spesso proprio l’aspirazione a vedere più chiaramente, e quindi ad essere sempre meno confusi o ignoranti.“
(Patricia Feldman Genoud)