“[…] Un altro errore, nel senso di un eccesso d’amor materno, è quello che si può esprimere con le parole: attaccamento, identificazione, possesso. Questo è un errore più spiegabile, più umano, più perdonabile in un certo senso, ma che può essere altrettanto nocivo. Esso è comprensibile: quanto più si mette di sé in qualcuno, quanto più ci si dà, quanti più sacrifici si fanno, tanto più ci si lega, ci si identifica, ci si attacca.
Ma viene sempre, prima o poi, il momento, nello sviluppo dei figli, in cui occorre il distacco dalla madre. Viene il momento in cui il figlio o la figlia devono prendere il loro posto autonomo nella vita.
[…] Il momento del distacco, che coincide con la pubertà, è riconosciuto come tappa fondamentale nella vita dei giovani, e vi sono riti speciali, con significato simbolico molto interessante, in cui l’adolescente prende conoscenza, possesso di sé, e si stacca dai genitori. Ma la madre spesso non si rende conto di questa esigenza, non ha né la saggezza, né l’amore comprensivo necessario per fare il sacrificio più alto, quello che più le costa, e che chiamerei, paradossalmente, il sacrificio dei suoi sacrifici precedenti. Sacrificare la propria dedizione ai figli, sapersi ritirare, è difficilissimo, poiché è contrario a tutto ciò che si è dovuto e voluto fare fino allora. Eppure la vita ha di questi cambiamenti, di questi passaggi, in cui ciò che era buono, doveroso e nobile, in un dato momento, diventa inopportuno, eccessivo, dannoso.”
Roberto Assagioli, Psicosintesi – Per l’armonia della vita, Ed. Astrolabio